Biblioteca, 14 aprile: il racconto di Ezio e Renzo
(Anche per questa registrazione, per la successiva trascrizione, e per i commenti, i ringraziamenti vanno a Renata e ad Adriano)
I martedì a Castelnuovo sono sempre molto piacevoli: ogni volta incontriamo persone disponibili a ricordare e a raccontare, lasciandoci entrare così in un mondo in bilico tra il presente e un passato dalle origini assai lontane.
Spontaneo, ogni volta, viene da chiedersi quale potrebbe essere il futuro di un paese che per secoli ha saputo risorgere e crescere ogni primavera attraverso il lavoro costante della terra, la sapienza istintiva e la tenacia volitiva di chi lo ha abitato e curato sapendo raccogliere le tante o le poche opportunità che si presentavano loro.
Allora come oggi il mondo intorno girava, lento o veloce a secondo di dove ti trovavi, degli eventi che si producevano, il più delle volte ignari dei tanti significati, delle tante possibilità, che se ancora non c’erano, si potevano però costruire.
Anche con l’incontro con Renzo e con Ezio si è creato questo forte momento tra razionalità ed emozioni, godendo tra l’altro dei loro sguardi diretti e azzurri.
Riascoltata la registrazione e letta la trascrizione si rimane colpiti, come Renzo, che ha iniziato e concluso questa registrazione, abbia fatto un racconto che, nella sua concretezza, è anche filosofico e poetico. Mentre Ezio con la sua gentilezza e la sua memoria fortissima, ha scandagliato ogni cosa: dai vecchi solai, tra gli intrecci familiari delle persone del posto, nel buio delle notti oscurate dalla guerra, tra le meraviglie dei primi viaggi, sui nuovi lavori che in parte, ma solo in parte l’hanno allontanato dalla terra. Attraverso Renzo ed Ezio è stato fatto un censimento di mestieri, di piante da seminare, di uccelli da distinguere, di animali da conoscere.
“Una volta era pieno di rondini…” Così inizia Renzo.
Ma ora gli uccelli sono diminuiti, o spariti come le allodole”
….. e conclude:
“Abbiamo fatto due chiacchiere … è bello ricordare le cose, purtroppo le cose vecchie. Qui non c’è futuro, perché non ci sono giovani,, dove non c’è gioventù, futuro non può esserci, .. e come una pianta, quando è vecchia se non ha ricambi muore … i Paesi in via di sviluppo sono Paesi giovani.”
Uccelli, alberi, gioventù,
tre emozioni, tre riflessioni
tre parole che portano con sé altre parole:
vecchiaia, silenzio, noia,
ma anche donne e corruzione:
donne meno corruttibili degli uomini.
Una volta, molti anni fa era diverso. C’erano rondini e rondoni, allodole e nidi di merlo dove rubare le uova, e fienili che attiravano i passeri. La selvaggina era di piccola taglia, non si parlava allora di cinghiali o di caprioli.
Una volta, quando erano piccoli, c’era la guerra. A Renzo è rimasta impressa la divisa di un soldato che l’ha preso dalla culla, e una domanda. Chi Era? Un partigiano o un tedesco? Ezio, un poco più grande, ricorda le coperte per oscurare le finestre e il pianto per il bruciore degli occhi, perché la madre glieli aveva sfregati con una cipolla: un espediente per allontanare il partigiano entrato in casa: “Venite a vedere, ho il bambino molto malato.”
Si cresce un poco, la guerra finisce, ma si è ancora piccoli, Renzo a ha sei anni, Ezio una decina. Il nonno di Renzo non vuole vedere nessuno con le mani in mano, neppure lui, così piccolo. Una volta si iniziava presto a lavorare, bambini si andava al pascolo prima di andare a scuola, più grandi il lavoro legato alla campagna e ai suoi prodotti, o, come Ezio, sull’autostrada, e poi a Lesegno: fabbrica e campagna. Oltre ai lavori agricoli, si allevavano mucche e maiali , si avevano cavalli e buoi per i lavori nei campi e per i trasporti. La famiglia di Ezio aveva un negozio, ancora in solaio si possono vedere oggetti legati a quell’impegno, dalle finiture dei cavalli alla bilancia con i suoi pesi. Con i buoi suo padre andava incontro al proprio padre che rientrava da Savona con le provviste per il negozio.
Una volta, i viaggi fatti con i carri trainati dagli animali, erano lunghi, anche tra Ceva e Savona, duravano giorni, e fu solo quando i mezzi diventarono motorizzati che Ezio poté vedere il mare a Savona , lo trovò bello e gli sembrò come una grande pianura.
Una volta si allevavano i bachi da seta, mentre della canapa non si hanno tracce se non la spazzola del nonno di Ezio che usava per “pettinare” per l’appunto la canapa.
Una volta il fuoco e l’acqua, come d’altronde la terra erano elementi base per il lavoro.
E il tempo era misurato in giorni e in mesi, e le cose contate e pesate in quintali, o se erano liquidi preziosi come l’olio anche in bicchieri.
Il fuoco , ininterrotto, alimentato dalle fascine per venti, trenta giorni, serviva nelle fornaci per cuocere cento o duecento quintali di pietre di calce. Con il fuoco si trasformavano cento quintali di legna in soli dieci quintali di carbone di legna, più facili da trasportare.
L’acqua oltre ad essere utile se una carboniera prendeva fuoco, faceva funzionare mulini per macinare i grani e i martinet per lavorare il ferro.
Ogni cosa richiedeva molto impegno e molta forza: “ Allora lavorare era dura, in qualsiasi campo – spiega Renzo – erano tutti lavori materiali, in qualsiasi campo, fabbrica o non fabbrica. “ Dice questo ricordando i sacchi di concime, sacchi di iuta da un quintale, che gli uomini se lo caricavano in spalla, il concime un po’ usciva dai sacchi di iuta e bruciava i colli i chi lo trasportava.
La terra, se restava troppo a lungo sotto la neve, veniva “ salata” da terra che si era scavata più sotto e sparsa sopra. La terra, non era come quella di pianura che produce il 20% di grano, ma se andava bene il 12 0 il 13 % lo raggiungeva. Ogni tipo di terra era adatto per un seme diverso, Renzo ricorda il Pastun e la Barbariola. Avevi le pecore e così facevi il formaggio e il maiale , che tra le tante cose ti dava il grasso per poter così centellinare l’olio.
Andartene? Neanche ci pensavi, in giro non c’era altro, e altro non conoscevi.
Tutto si svolgeva sotto l’occhio vigile dell’anziano che era un ‘ autorità confidenza non te ne dava, neanche all’osteria, un suo “Fiith” e anche già ragazzo chinavi la testa e te ne andavi.
Oggi Renzo sa cosa c’è in giro e può fare confronti tra qui e Santo Domingo un paese in via di sviluppo, che riassume molto bene come sia un Paese giovane, ricco di vita e di allegria. C’è ancora povertà, ma anche tanta generosità, anche lì molti politici sono corrotti, ma lui spera nelle donne, che dovunque stanno prendendo il sopravvento e sono più serie e meno corrotte degli uomini.
Confrontando il mondo occidentale con il modo di vivere di Santo Domingo conclude che qui le persone “ Staranno bene, ma non si vive ben, c’è troppa solitudine, che fa star male. Sembra che a tutti manchi il terreno, che non ci si possa mai fermare, ma che si debba sempre far qualcosa, come se si rischiasse di morire di fame. Sembra che non ci sia più tempo per fare due chiacchiere,, poi con tutte queste tecnologie,cellulari, tablét guai a cercare di parlare.. Si, qui è un paese tranquillo, ma anche la troppa tranquillità e una noia. Una noia mortale.
La registrazione è praticamente finita, Ezio nel frattempo era andato via a lavorare con il trattore, noi, risalendo verso la cappella troviamo le capre di Gian Vittorio, che pascolano tranquille tra le giovani erbe primaverili sotto la torre orfana dei rondoni.
I lavori nei campi stanno, ancora una volta, ripartendo.
Noi scendiamo verso Priero godendoci le luci e i panorami che annunciano uno splendido tramonto di aprile.