Biblioteca: Giovanni racconta la neve (in osteria), martedì 10/02.
In copertina: vista sulla torre dalla Langa (il nome della strada su crinale che collega Montezemolo a CastN).
Chiacchierando di neve a Castelnuovo
Se salendo aumentava l’odore di neve, all’altezza di San Pietro era quasi sicuro che l’avresti trovata.
Se fosse continuata potevi immaginare, in un tempo ormai lontano, la squadra di due o di un solo uomo che scendeva, con lo spazzaneve di legno tirato dai buoi, a lisciare la neve fino a Campetto e lì avrebbe incontrato la squadra che intanto era risalita da Priero.
A volte la neve scendeva abbondante, alta quasi fino ad un tavolo.
Se allora guardavi i vetri della finestra vedevi che i pizzi di ghiaccio dei giorni precedenti erano spariti sostituiti dai bordi lanosi della neve che si andava accumulando lungo gli angoli dei telai delle finestre: i venti di mare si erano incontrati con quelli gelidi delle montagne e la neve aveva iniziato a scendere ormai copiosa .
Se guardavi al di la del vetro la potevi osservare e capire se era accompagnata dalla tormenta, se era asciutta o bagnata.
Se guardavi fuori, una volta, avresti potuto vedere Giovanni, anche un po’ spaventato, nuotare nella neve, tanto era cresciuta, che cercava, , a due passi dalla casa di poterla realmente raggiungere.
Nuotava come fosse stato in mare, quel mare visto la prima volta a otto anni e trovato simile ad un cielo d’acqua.
Giovanni è poi cresciuto e un suo lavoro è diventato quello di misurare la neve e, sopra i dieci centimetri, andarla a togliere con lo spazzaneve dalle strade della Provincia.
Giovanni, ora è in pensione, ma continua a misurare la neve per suo piacere e sa veramente quanta neve cade.
Un tempo quando nevicava potevano cadere anche i fili della luce, ma da diversi anni il problema è stato risolto con dei cavi più robusti.
In altri posti intorno il problema resta. Come a Malpotremo.
Una volta la neve scendeva più abbondante.
Una volta, quando non c’erano gli spazzaneve di oggi, la battevano e facevano piste che serpeggiavano tra le case e attraversavano la piazza.
A volte dovevi aprire piste improvvise: per chiamare il dottore di Priero per Diamantina che stava male il giorno dopo aver partorito la piccola Maria Tersilla.
O quella volta che era servita per accompagnare Jolanda a curare il piccolo Maurizio che si era scottato con l’acqua bollente la sera di capodanno. Jolanda per diversi giorni aveva calpestato neve per curalo e controllarlo, non era medico, ma generosa e sicura dei suoi rimedi l’aveva aiutato a guarire.
C’erano gli operai, che andavano , tutti i giorni, a lavorare a piedi all’Acna di Cengio,. Questo già ci sembra grandioso e gravoso, ma poi pensarli d’inverno con la neve ci lascia senza parole .
Alla sera gli uomini , seguendo le piste , andavano all’osteria.
Una manata di neve sul tubo della stufa della società, al momento giusto, senza essere visti, si sarebbe messa a sgocciolare su chi stava sotto ignaro dello scherzo.
Costui, sempre il solito abitudinario, si sarebbe alzato di scatto, avrebbe sacramentato, ma sarebbe tornato a sedersi nello stesso posto dove le gocce sarebbero continuate a scendere ancora per un bel po’ e tutto avrebbe continuato a ripetersi per il divertimento dei buontemponi dei tempi passati.
Il vento della tormenta non solo faceva cumuli di neve qua e la spazzava quasi completamente là, ma rendeva anche difficile girare l’angolo per dar da mangiare alle galline che stavano sul retro della casa.
Anche la neve che buttavi giù dai tetti perché il peso non facesse cedere le travi, si andava accumulando lungo i bordi delle case.
C’erano anni che la neve continuava a cadere e a durare nel tempo
Ma animali selvatici vicini alle case allora non ce n’erano.
Le nevicate le più abbondanti della zona, oltre a Battifollo e a San Greé avvengono qui a Castelnuovo, insieme a Montezemolo e a Malpotremo
Ci fu, nei primi anni settanta una serie di nevicata così abbondanti che costrinse molti ad uscire dalle finestre.
Qualcuno ha raccontato che in Val Casotto la neve era, quell’anno, alta quasi dieci metri.
Chi si affacciò dai fienili, perché solo da lì potevi ancora osservare il mondo intorno, non lo riconosceva più: sparite le case sotto una coltre di neve immacolata, solo il fumo dei camini, quelli che erano rimasti accesi, segnalavano un fuoco e una vita diventata sotterranea.
Da sopra, dai fienili, la gente si guardava intorno sbigottita: c’era chi rideva e chi piangeva di fronte a tanta novità.
Da piccolo, Giovanni andava a sciare con lo slittino o con gli sci di legno trovati in casa, di qualche fratello più grande. Ma a casa gli facevano un brandone se arrivava con i piedi bagnati!
Quando la neve restava troppo a lungo, anche all’approssimarsi della primavera, allora ti mandavano, ragazzo, a salare i campi: spalavi la neve, raccoglievi della terra e la sparpagliavi sulla neve perché si sciogliesse prima.
Una volta si facevano le racchette per andare sulla neve. Oggi le chiamiamo ciaspole .
Oggi, dopo che qualche volontario ha battuto la neve e segnato il tracciato si può organizzare una ciaspolata notturna.
Una ciaspolata è un’occasione di festa in inverno qui a Castelnuovo., Scorre nel la notte, tra prati e boschi, per trovare, alla fine del tragitto la luce, il calore e il cibo buono.
Un grazie a Giovanni, Maria, Remo, Dina e Valter di Val Casotto che ci hanno permesso di scrivere questi pensieri sparsi dopo aver ascoltato i loro racconti.
Febbraio 2015 Biblioteca Comunale di Castelnuovo