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IL POPOLO CHE MANCA: una indagine invernale sul futuro di queste terre mentre si programmano le iniziative e gli appuntamenti del 2015.

Con le parole di Nuto Revelli proponiamo una indagine attraverso la proposta di una domanda.

Abbiamo l’impressione che in queste nostre montagne e colline sia ancora forte la convinzione che i giovani non possano avere un futuro se non in settori lavorativi diversi da quelli della coltivazione della terra.

Se ciò ha avuto una giustificazione nel passato, ci si chiede se l’abbia ancora oggi; se non sia cambiato nulla per cui si debba indirizzare i propri giovani all’apprendimento  di competenze altre rispetto a quelle necessarie per la cura della terra.

E’ questa indagine anche un modo ed un pretesto per fare emergere esperienze, se ci sono, che vadano in direzione opposta, che dimostrino che vivere di campagna sia possibile.

 

 IL POPOLO CHE MANCA

LA PREMESSA

E’ evidente, lo spopolamento è il terribile male che ammorba queste terre.

“Erano gli anni Sessanta, gli anni del “miracolo economico”. (…) Ormai tutto cambiava in fretta. (…) I giovani abbandonavano la terra, cercavano l’industria e la fabbrica. L’esodo dalle grandi aree depresse della collina e della montagna era ormai sul punto di trasformarsi in valanga. (…) Gli anni Settanta hanno un’altra storia: sono gli anni della tregua dopo il terremoto dell’industrializzazione: ormai l’industria aveva concluso brillantemente la sua fase del decollo, l’agricoltura quasi ricca o ricca era diventata più ricca, la montagna dei montanari si era trasformata in un immenso cronicario. E’ vero che su alcune zone delle aree depresse adesso cadeva la pioggia benefica delle buste paga dell’industria. Ma a quale prezzo! “

Sono passati altri decenni da quando Nuto Revelli  ne L’anello forte (1985) presentava con queste parole la serie dei suoi testimoni. Oggi, la recente edizione de Il popolo che manca ( Nuto Revelli, Einaudi 2013) termina con un inedito auspicio da parte dell’autore: “ (…) o lasciamo che tutto vada in rovina, “intanto gli anziani e i vecchi muoiono”, oppure affrontiamo il problema con una volontà politica nuova, tentando di salvare il salvabile prima che il genocidio si compia.”

Per concorrere ad una analisi del presente, avviamo una consultazione con una domanda che può  apparire provocatoria, ma si ritiene sia necessaria una formulazione schematica ed essenziale affinchè si riesca  a discriminare con la maggiore chiarezza possibile i diversi orientamenti.

 LA DOMANDA

Le comunità di questo territorio,

molto attive nel proporre manifestazioni varie per valorizzare il proprio paese (sagre, fiere, concerti ed altro),

credono in queste terre al punto da non escluderle come possibilità lavorativa e occupazionale per i propri figli e nipoti?

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