LA BIBLIOTECA DI CASTELNUOVO AVVIA LA RICERCA SULLA MEMORIA DEL PAESE
Venerdì 9 gennaio, alle ore 20.45, la Biblioteca di Castelnuovo di Ceva, nel nel corso nelle festività natalizie ha organizzato i locali a lei dedicati nel comune nuovo, realizzando tra l’altro l’albero di libri, avvia il lavoro di ricerca sulla memoria del paese.
Gentilmente ospitati dall’Osteria San Maurizio, ci si trova attorno ad un tavolo, con un bicchier di buon vino, per riproporre, per quanto sia possibile nel mondo d’oggi, l’ atmosfera delle veglie che hanno caratterizzato la vita dei paesi di campagna quando tutti i partecipanti avevano una storia da raccontare.
Non sarà solo un percorso nel passato, quanto una ricerca di quegli elementi che possono aiutare a riflettere sul presente e sul futuro della vita, oggi, nei paesi. Si è infatti da tempo interrotta quella catena che permetteva la trasmissione delle conoscenze tra le generazioni. Ma si sa anche che esistono giovani che tornano a sentire interesse verso la campagna e la serata, insieme alle prossime, potrebbe essere di buon auspicio per una nuova vitalità di queste borgate.
All’incontro parteciperà Giammario Odello che, proprio con “Malizie ingenue di un bambino”, ha raccolto i propri ricordi di bambino in estate dai nonni a Malpotremo restituendo così, attraverso la leggerezza narrativa di chi con la maturità del presente tenta di restituire la freschezza emotiva del giovane, un interessante quadro storico della vita di campagna tra gli anni cinquanta e sessanta. La sua presenza e la sua esperienza saranno importanti e fondamentali per aiutare a “rompere il ghiaccio” e avviare questa esperienza piacevole di racconto collettivo.
La veglia
“ …sia uomini, sia donne non si sarebbero persi la “veglia” cascasse il mondo. Il rito antichissimo, evidenziava il profondo senso dell’ospitalità della gente di campagna. Nessuno temeva di disturbare. Non ci si aspettava un invito formale. Non si era tenuti ad avvertire. Si andava e basta. “ Misera la casa che non sa di altri” si diceva.
Si accoglievano con la medesima cordialità parenti, amici, conoscenti e anche i vagabondi, le “lingere” che portavano le nuove da lontano. Tutti stavano ad ascoltare, vicini, fissi, un po’ stretti. Si discorreva, si parlava del tempo, si questionava sulla luna.. mai che fossero d’accordo. Si parlava di caccia, di pesca, di funghi, di trifure, di politica si parlava di rado, con rabbia, la sfiducia nel governo, nei politicanti e nelle autorità in genere era totale. Ma più di tutto si parlava di “masche”e, in alternativa, delle anime del Purgatorio. Chi raccontava parlava sempre in prima persona, da protagonista. Chi ascoltava interpretava secondo il proprio ghiribizzo…..”
Da “ Storie di masche” di Maria Tarditi, edizioni Araba Fenice
RACCONTARE PER SCOPRIRE SE C’E’ ANCORA VITA NELLE BRACI DEI RICORDI.
SE IL FUOCO RIPRENDE AD ARDERE FORSE SI TROVERA’ L’ENERGIA NASCOSTA, MA ANCORA PRESENTE, CHE CI AIUTERA’ A PROSEGUIRE.
Mercoledì 14 gennaio 2015-01-15 (trascrizione degli appunti di Renata)
Abbiamo pensato di ispirarci alle veglie per raccogliere storie dei tempi passati, dalle quali avviare un lavoro di ricerca sulla vita del paese del secolo scorso, attraverso la quale riflettere questo presente e intuirne il futuro.
A dare il via a questa iniziativa ci ritroviamo nell’ospitale trattoria di San Maurizio con Giammario Odello al quale abbiamo chiesto di introdurci in quel mondo ormai scomparso, ma ancora vivo nei ricordi di molti.
Numerose le persone del paese, ma anche amici di Ceva e il signor Claudio Carena, originario di Mombarcaro, autore di un libro di memorie scritto in dialetto. Tutte queste presenze, ci stimolano e ci impegnano a proseguire per sviluppare e concretizzare questo nostro impegno a cui diamo il via in questa serata.
La veglia, spiega Giammario, apparteneva proprio alla tradizione contadina. Sparendo la cultura contadina è finita anche la veglia.
Le veglie di prima della guerra e fino alla metà degli anni cinquanta avevano un’utilità, una funzione organizzativa, dopo con l’arrivo della tv e dello spopolamento delle campagne sono andate via via scomparendo.
Nella veglia ognuno diceva la sua, l’inverno era la stagione giusta per parlare, il bello era che non si chiedevano permessi, si andava spontaneamente e tutti venivano accolti, chi veniva da fuori era il benvenuto perché portava notizie.
Alla veglia i vecchi non andavano: si fermavano a casa, il rosario, la camomilla, la candela e poi a letto. I giovani, i grandi invece si radunavano in qualche cascina e se si era in troppi si andava nella stalla, le case con molte ragazze da marito erano quelle più frequentate dai giovani.
Stimolati dai primi discorsi, molti si mettono a parlare e le voci si sovrappongono o si intrecciano ampliando gli argomenti, ma per tutta la serata farà da guida quest’idea di contrasto tra “ un prima e un dopo” che cambia abitudini, o che evidenzia diversità.
Prima, di giorno le campagne erano abitate, transitate, c’erano scambi di parole , canti sul lavoro e di notte il silenzio di tomba, l’abbaiio di un cane, il lumino di chi si spostava per andare a veglia.
Dopo, di giorno le campagne spopolate, alla sera la televisione che cambierà le abitudini della gente anche in campagna.
Prima i forestieri facevano piacere, venivano accolti, dopo danno fastidio.
All’inizio i televisori erano pochi. È ricordo comune di molti , quando si andava a vedere la tv, il mettere qualche lira, un obolo, per poter usufruire di questa nuova opportunità che, tra l’altro, portava a C.N.C. anche gente da Ceva da dove non si riusciva a vedere.
Il primo in paese a comprarla fu l’ Americano, poi la Società. Anche il piccolo obolo una variante rispetto alla veglia dove nessuno ha mai parlato di soldi.
Prima il profumo del letame , dopo la puzza di quello d’oggi che fa dire che questo non è più letame.
Prima si mangiavano cibi più grezzi, dopo sono arrivate le mode della margarina delle farine raffinate, il consiglio di non mangiare la polenta perché gonfia, prima si conservavano le poche cose che arredavano la casa, dopo si buttavano via i vecchi mobili di legno massiccio per le cucine di formica e ora su molto spesso si stanno rimpiangendo o rivalutando le cose del passato.
Enrico… ricordando sé bambino con il padre e il nonno in mare sul gozzo: “ S’’imparava per imitazione, ma era un divertimento, mentre andare al pascolo, alla stessa età, qui in campagna, era già un lavoro.”
Prima un mondo più lento, conservativo e faticoso, ma che garantiva il necessario, se ci si sapeva accontentare
Con niente – spiega Renzo – pian piano si son fatte le case.
Dopo invece il mondo dei cambiamenti, della velocità.
“Siamo andati troppo in fretta, non riusciamo a stare dietro alle cose” dice il signor Carena
Ma si poteva resistere ai cambiamenti? Una battuta ricorda “ fare come Pasqualin che non cambiava neanche l’ora”
I cambiamenti e le diversità. Diversi modi di comunicare: attivo quello delle veglie, passivo davanti alla tv, e adesso con f. si apre una discussione pro e contro, si discute sui nuovi mezzi informatici in nostro possesso.
Una volta le cose cambiavano molto poco e lentamente in più generazioni, adesso una stessa generazione vive diversi grandi cambiamenti.
Cambiamenti che hanno toccato molti aspetti della società dal lavoro delle campagne e delle fabbriche alla famiglia
Si parla anche del cibo e del freddo.
No, la fame non si pativa, doloroso era il freddo quando andavi a letto, in stanze e letti gelati, un mattone riscaldato e avvolto nei giornali o il “fre” alleviavano un po’ la sofferenza in quegli inverni ben diversi da questi.
Ma ancora, gli uomini che andavano all’osteria, mentre le donne con i “cit” a “vije”
Altre differenze: uomini che cantano, uomini e bambini che fanno a botte, le donne che mangiano in piedi vicino ad un angolo della stufa.
Una volta la morte faceva parte della vita, e i bambini si portavano a vedere i morti
Tuttavia, e sono le conclusione di molti:
“Ogni generazione ha dato il massimo con quello che poteva,” .
“ Quello che realmente rimpiangiamo è la nostra giovinezza passata”
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