06. Cappella cimiteriale Santa Maria Assunta (Rocca Cigliè – CN)
Un cartello all’ingresso dell’abitato accoglie i visitatori con l’indicazione “Rocca Cigliè balcone di Langa”. Il paese sorge in posizione panoramica, con vista sulla pianura monregalese e sull’arco alpino, dalle Alpi Liguri al Monviso. Ebbe importanza strategica in passato, ma l’antico castello, edificato a questo scopo nell’XI secolo, fu distrutto nel ‘700 nel corso degli scontri che accompagnarono l’avanzata dell’esercito napoleonico. Restano oggi in piedi un’ala, trasformata in abitazione signorile, e una torre a pianta quadrata, al centro della piazza.
La cappella è costruita sul sito dove precedentemente sorgeva la chiesa dedicata a Maria Assunta, chiesa parrocchiale costruita probabilmente verso la metà del XII secolo con l’insediamento della popolazione nella nuova villa “Rupes Ciliarii”. Anche se non si conosce l’originaria configurazione della parrocchiale, la facciata e i muri perimetrali dell’attuale cappella, costruiti con pietre del luogo cementate con malta argillosa, sembrano corrispondere a quelli dell’antica chiesa. Più recenti sono le volte della copertura e il campanile, costruito nel 1848, insieme alla tribuna addossata alla porta di ingresso per aumentare il numero di persone che la cappella poteva accogliere, per una spesa complessiva di 650 lire.
I recenti restauri hanno messo in evidenza ciò che resta di un ciclo di affreschi del Quattrocento che doveva ricoprire l’abside e i muri della cappella, riconducibile alla scuola di Frater Henricus (63).
Si tratta di resti molto frammentari, danneggiati dagli interventi di ristrutturazione che si sono succeduti nel tempo. Tra questi, nell’abside a sinistra dell’altare, emerge un san Giovanni Battista, come dimostrato dall’Agnus Dei che reca in mano e dal cartiglio con iscrizione gotica, suoi specifici attributi iconografici. Dopo una santa Lucia poco leggibile, è raffigurata una santa Caterina di Alessandria; anche se il volto si è perduto nel progressivo degrado dell’affresco, ella è riconoscibile per il modellino della ruota dentata che tiene in mano, strumento del suo martirio spezzato dall’intervento divino.
Sulla parete sinistra, una immagine fortemente danneggiata raffigura forse san Giacomo Maggiore, seguito dalla figura di san Benedetto da Norcia. In un riquadro più grande la rappresentazione della Santissima Trinità, nella versione orizzontale delle tre identiche persone unite tra di loro da un’unica veste, ognuna con un libro in mano e in atto di benedire. Si tratta di una rappresentazione rara nell’area cebana e monregalese, più diffusa nel saluzzese, cuneese e imperiese.
Più oltre, un sant’Antonio Abate e ciò che resta dell’immagine di un santo non più identificabile.
Superata la piccola porta laterale, è visibile un’ampia porzione di un affresco rappresentante la Crocefissione. I pochi dettagli superstiti della Resurrezione e il piccolo brano di Gesù davanti a Caifa, che con gesto plateale si straccia le vesti, sembrano dimostrare che il resto della parete di sinistra fosse decorata dal ciclo della Passione di Cristo.
Sulla parete destra l’immagine della Vergine del Corallo. La Madonna è raffigurata con il bambino in grembo che gioca con un uccellino e porta al collo una collanina di corallo, segno ripetuto come elegante ricamo sulla veste di Maria.
Infine, nel lato destro dell’abside, un affresco raffigurante sant’Anna Metterza, la madre di Maria; ella è rappresentata come il soggetto più grande dell’affresco, in atto di proteggere la Madonna e il Bambino che tiene in braccio, ma è posta in terzo piano per rispettare il valore gerarchico dei soggetti.
Già compresa tra i possedimenti di Bonifacio del Vasto, alla sua morte non entrò a far parte del Marchesato di Ceva, ma pervenne per eredità al marchese di Clavesana da cui passò nel 1299 ai marchesi di Saluzzo. L’abitato è dominato da un imponente castello cinquecentesco, probabile sviluppo di una costruzione con funzioni di difesa del tardo Medioevo.
Nella sede comunale è conservato un polittico proveniente dalla chiesa della Consolata, opera attribuita a Rufino d’Alessandria, dei primi decenni del XV secolo (43). E’ un’opera di notevole interesse, in quanto si tratta del più antico dipinto su tavola di autore piemontese che si conservi in provincia di Cuneo. Presenta, pur con qualche caduta di stile, idee di grande originalità come la dimensione abnorme del ramo di corallo appeso al collo del Bambino, la posa marcatamente sbilanciata di santa Caterina o lo sguardo, sornione e ammiccante, di sant’Antonio Abate e dei Dottori della Chiesa occidentale raffigurati nella predella; è uno sguardo che si ritrova nelle rappresentazioni dei santi che popoleranno per tutto il Quattrocento la pittura monregalese.